Come abbiamo già scritto, le meraviglie nascoste della natura possono avere implicazioni importanti anche per l’industria dell’energia rinnovabile. Dopo le ali dei gufi studiate per migliorare la rumorosità degli impianti eolici, gli occhi degli insetti hanno ispirato i ricercatori dell’università di Stanford per creare una nuova generazione di fotovoltaici avanzati.

Secondo i risultati di un nuovo studio pubblicati nella rivista Energy & Environmental Science (E & ES), il team di Stanford ha utilizzato un design ispirato all’occhio della mosca per proteggere un fragile materiale fotovoltaico chiamato perovskite dal deterioramento quando esposto a calore, umidità o stress meccanico.
“La Perovskite è un promettente materiale a basso costo che trasforma la luce del sole in elettricità in modo efficiente come le celle solari tradizionali in silicio”, ha affermato Reinhold Dauskardt, professore di scienze e ingegneria dei materiali e autore senior dello studio. “Il problema è che la perovskite è estremamente instabile e meccanicamente fragile. Sopravviverebbero a mala pena al processo produttivo, figuriamoci a lungo termine nell’ambiente”.

Per affrontare la sfida della durabilità, il team Stanford si affida alla natura.
I ricercatori si sono ispirati all’occhio composto della mosca, che consiste in centinaia di piccoli occhi segmentati. Ha una bella forma a nido d’ape con ridondanza incorporata: se perdi un segmento, centinaia di altre opereranno. Ogni segmento è molto fragile, ma è schermato da un’impalcatura che lo circonda.
Utilizzando l’occhio composto come modello, i ricercatori hanno creato una cella solare composta da un vasto nido d’ape di microcellule di perovskite, ognuna incapsulata in un’ impalcatura a forma esagonale di soli 0,02 pollici (500 micron).

I test condotti durante lo studio hanno rivelato che l’impalcatura non infastidisce la perovskite nel processo di trasformazione da luce in elettricità e per scoprire se il nuovo dispositivo sopporta il tipo di calore e umidità che i pannelli solari convenzionali del tetto normalmente sopportano, i ricercatori hanno esposto le cellule incapsulate di perovskite a temperature di 185 F (85 C) e 85 percento di umidità relativa per sei settimane. Nonostante queste condizioni estreme, le cellule continuavano a generare energia elettrica a livelli relativamente elevati di efficienza.

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