Ecoalf, una PMI spagnola che disegna e commercializza prodotti tessili e accessori di alta qualità fatti con materiali riciclati come bottiglie in PET, reti da pesca, pneumatici usati, caffè post-consumo e cotone post-industriale, si propone di ampliare la propria gamma per includere tessuti e vestiti fatti con rifiuti marini in plastica.
Uno studio di fattibilità finanziato dall’UE, intitolato UPCYCLINGTHEOCEANS, è stato lanciato per analizzare la fattibilità economica di questa iniziativa, identificare le sfide logistiche per ottenere rifiuti marini in plastica e fare un sondaggio tra clienti e distributori per valutare la reazione del mercato.
L’biettivo è sviluppare tecnologie di produzione usando sofisticati processi di R&S per riciclare i detriti che si trovano in fondo all’oceano e creare la prima generazione di prodotti riciclati a partire da detriti marini con proprietà qualitative, di design e tecniche pari ai migliori prodotti non riciclati.
Per realizzare questo obiettivo, lo studio finanziato dall’UE ha sottolineato l’importanza del coordinamento con le organizzazioni che si occupano di pesca. L’intenzione di Ecoalf adesso è collaborare con le organizzazioni che si occupano di pesca per raccogliere la plastica dai mari e per introdurre nuovi processi industriali come la gestione dei rifiuti, la produzione di pellet e la filatura di stoffe a partire da materiali riciclati.
Il riutilizzo dei detriti e dei rifiuti del mare creerà nuove opportunità per le PMI e avrà un impatto positivo sull’ambiente. La plastica – un materiale a perdere non biodegradabile – ha cominciato a inquinare seriamente tutto il mondo.
I vantaggi ambientali di questa iniziativa non si limitano semplicemente alla rimozione di una delle principali cause dell’inquinamento marino. La produzione di fili di PET a partire dai materiali riciclati – piuttosto che da materie prime non rinnovabili – significa il 20 % in meno di rifiuti in acqua, una riduzione del 50 % del consumo di energia e una riduzione del 60 % dell’inquinamento dell’aria durante il processo di produzione.

Maggiori informazioni: http://www.heatexchanging.it

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *